Questa prima tavola rotonda ha messo in luce la complessità delle sfide energetiche, con un focus sull'importanza della diversificazione delle fonti energetiche, della decarbonizzazione e dell'innovazione tecnologica per garantire una transizione energetica sostenibile. Le aziende hanno evidenziato l'urgenza di una visione olistica e di un impegno congiunto, sia a livello nazionale che europeo, per affrontare queste sfide e creare un futuro energetico sostenibile ed efficiente.
Intervengono:
Andrea Bombardi di RINA ha presentato la situazione attuale delle emissioni di CO2, aumentate, a livello globale, solo dell’1% nel 2022, con un’Europa particolarmente virtuosa che le ha ridotte del 2,8%. Ha evidenziato come uno dei principali problemi, in relazione all’emissione di CO2, sia la grande differenza tra gli Stati Uniti e l'Europa: i primi hanno un profilo energetico uniforme, mentre in Europa vi è un panorama molto eterogeneo. Le diverse nazioni europee hanno infatti storie energetiche differenti tra loro che fanno sì che anche la situazione odierna e le opportunità future siano diverse.
Se guardiamo all’Italia, le energie rinnovabili oggi occupano solo il 4,5% della produzione di energie elettrica totale, ma nei prossimi anni, per la nostra transizione energetica occorre valorizzarle e ridurre le tempistiche di realizzazione degli impianti, che rappresenta oggi una grossa problematica ed un disincentivo per gli investimenti. Attualmente produciamo il 41% della nostra energia elettrica da gas naturale, importato da paesi del nord: occorre sostituire il gas naturale con il biometano ma anche guardare all’idrogeno e all'energia nucleare come soluzioni complementari per la nostra transizione energetica.
Marco Chiesa di Edison Next, ritiene che In questo processo di de-carbonizzazione, non si può non guardare all’idrogeno, ed è per questo che Edison sta partecipando alla realizzazione delle Hydrogen Valleys Italiane. Nello specifico, la Commissione Europea ha stabilito che entro il 2030, l’Europa dovrà essere in grado di produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno. Tuttavia, se si guarda l’attuale produzione, ci si rende conto che c’è un gap enorme con l’obiettivo del 2030 e che difficilmente si riuscirà a raggiungerlo. Marco Chiesa pensa che l’introduzione e lo sviluppo dell’idrogeno comporti una serie sfide da smarcare, che possono essere ricondotte principalmente a 3:
Mario Gargano di Cefla ha riportato come attualmente si stiano focalizzando sullo sviluppo di Fuel Cells, anche a idrogeno, hanno infatti recentemente inaugurato a Imola la prima Fuel Cells in modalità CHP, ovvero co generazione: produzione combinata di energia elettrica e termica. Hanno scelto di focalizzarsi sul Fuel Cells perché volevano offrire una risposta concreta ed immediata rispetto alla domanda del mercato di avere una nuova soluzione tecnologica in ambito energetico utilizzabile fin da subito. Sono quindi andati alla ricerca di una tecnologia che fosse realmente abilitante per la transizione energetica e che potesse supportare le aziende in questa fase transitoria nell’attesa di raggiungere l’obiettivo ultimo della transizione, cioè l’idrogeno.
La tecnologia Fuel Cells è una tecnologia che, in questo momento, va a metano, non ha combustione e quindi non ha lo sviluppo di agenti nocivi: prende aria dall’ambiente e la arricchisce soltanto di un 3% di CO2. Inoltre, presenta dei vantaggi da un punto di vista legale e di tempistiche, perché non richiede tutta una serie di autorizzazione che invece necessitano altre tecnologie. Mario Gargano ha però messo in evidenza il fatto che la tecnologia Fuel Cells presenti una problematica di prezzo perché prevede un rientro dell'investimento in 4-5 anni, mentre con le altre tecnologie attuali vi è un rientro in 2-3 anni.
Salvatore Molè di HERA ha enfatizzato la necessità di sviluppare diverse infrastrutture energetiche per supportare la transizione, ed è su questo che si sta focalizzando Hera in quanto fornitori di servizi di pubblica utilità. Ritiene che sia molto difficile ipotizzare quale sarà il mix energetico dell'Italia tra 20 anni, ciò che è certo è che non si può puntare su un singolo vettore, ma occorre puntare sullo sviluppo di una serie di vettori energetici. In particolare, per Salvatore Molè si deve puntare sullo sviluppo di 3 vettori energetici:
Questi sono quindi i 3 vettori energetici su cui HERA si sta focalizzando maggiormente e per i quali ritiene che debbano essere sviluppati altrettanti modelli di business sostenibili, che aiutino il nostro sistema Paese e che, allo stesso tempo, garantiscano la redditività delle nostre aziende.
Stefano Monti dell’Associazione Italiana Nucleare, ha evidenziato l'importanza di un approccio europeo alla decarbonizzazione energetica, e non un approccio a livello italiano, in quanto le reti energetiche sono tra loro integrate e lo saranno sempre più. Ritiene che l’obiettivo Europeo di azzeramento delle emissioni di Co2 entro il 2050, sia un obiettivo abbastanza utopico che andrebbe rivisto anche per non penalizzare eccessivamente le nostre imprese rispetto a quelle extra europee. Occorre quindi decarbonizzare ma con ragionevolezza.
Rispetto all’energia nucleare, negli ultimi anni in molti paesi europei sta aumentando la sua produzione di energia nucleare e in Italia si sta riaprendo il dibattito. L’unico paese europeo in contro tendenza è la Germania dove sono state spente 3 centrali nucleari, ma continua ad importare energia nucleare dalla Francia e ha aumentato le proprie emissioni di CO2.
L’Associazione Italiana Nucleare, che rappresenta 33 industrie interessate al business del nucleare, vuole dare il proprio contributo tecnico-scientifico alla discussione in corso e, in questo contesto, ha recentemente emesso un Position Paper per ribadire l’importanza di avviare un programma nucleare in Italia. In questo documento hanno messo in evidenza come nel mondo e in Europa si produca energia nucleare con nuovi impianti di terza generazione, ed in prospettiva ci saranno anche reattori di quarta generazione, e quindi vi è un business da centinaia di miliardi di euro, dal quale l’Italia non deve restare esclusa anche perché abbiamo notevoli competenze in questo settore.
Tuttavia, l’industria nucleare italiana, se vuole diventar parte di questo progetto, deve mettersi in moto ora e sistemare, prima di tutto, le infrastrutture di base, prima ancora di parlare di impianti e di tecnologie. È prematuro, infatti, parlare di tecnologie nucleari perché l’Italia ha tantissime competenze, ma non è pronta oggi a sostenere un programma nucleare. Occorre innanzitutto sistemare le infrastrutture e, successivamente, lavorare sulla cultura di sicurezza in modo da avere la certezza che il nucleare sia usato solo per scopi pacifici e non per usi militari.
Infine, Mariano Tarantino di ENEA ha parlato del loro impegno a mantenere vive le competenze italiane in ambito nucleare, in particolare lavorando sulla tecnologia dei reattori di quarta generazione di cui l’Italia è leader europeo. Questi reattori non utilizzano l’acqua per il raffreddamento, ma il piombo, e si chiamano reattori termini perché sono più lenti e più sostenibili sfruttando meglio il combustibile e producendo meno scorie nucleari con un tasso di tossicità più basso. Tarantino ha però evidenziato alcune criticità nello sviluppo di un programma nucleare in Italia:
Per Mariano Tarantino quindi, con le sole energie rinnovabili non sarà possibile decarbonizzare, occorre necessariamente far ricorso al nucleare.
Ha concluso il suo intervento, evidenziando come sia fondamentale che anche il Governo Italiano si renda credibile sul tema del nucleare e che si impegni seriamente soprattutto per attrarre giovani che vengano in Italia a lavorare sull’energia nucleare.
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